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domenica 9 settembre 2012

Autumnblaze - Words Are Not What They Seem Prophecy

Words Are Not What They Seem

Tracklist
1. Where Is My Soul
2. To The River
3. Barefoot On Sunrays
4. Message From Nowhere
5. Heaven
6. I'm Drifting
7. Falling
8. Slave
9. Happy Faces
10. Blue Star
11. Blue Trip
12. Falling (Part Of Laura's Theme)
13. Demons
 

lunedì 20 agosto 2012

Joel Coen - Blood Simple

Blood Simple - Sangue facile - visualizza locandina ingrandita

Un film di Joel Coen. Con Frances McDormand, John Getz, Dan Hedaya, M. Emmet Walsh, Samm-Art Williams, Deborah Neumann, Raquel Gavia, Van Brooks, Señor Marco, William Creamer, Loren Bivens, Bob McAdams, Shannon Sedwick, Nancy Finger. Titolo originale Blood simple. Thriller, durata 97' min. - USA 1984.
Classico triangolo: lui, il marito - Marty - è un greco mezzo paranoico che gestisce un bar nel Texas; Abby, la moglie, di cui Marty è gelosissimo, è l'amante di Ray, un dipendente del locale. Avendo dei precisi sospetti, Marty prima incarica Visser, un "detective" privato, di acquisire delle prove e poi, dietro compenso di 10.000 dollari, di uccidere la coppia di amanti. Visser, attirato dal denaro, accetta, ma ha un'idea. Fotografati i due in un motel, trucca le fotografie come si trattasse di cadaveri e, a...missione compiuta, le porta al cliente. Appena ricevuto il denaro però, gli spara con la pistola di Abby, rubata dalla sua borsetta, sì che si possa incolpare la donna del delitto. Marty viene trovato morto da Ray, recatosi poco dopo nella stessa notte nei locali del bar, per farsi pagare dal principale la indennità di licenziamento dovutagli. Trovato Marty senza vita, Ray ne deduce che ad assassinarla è stata Abby. Preso dal panico e raccolta la pistola, l'uomo va a seppellire in aperta campagna Marty, che tuttavia...

Il voto di Pierolupo: 4/5
Blood Simple è un'opera prima molto interessante. I Coen buttano giù le basi per il loro fantastico cinema, e si può dire che questo è un film completamente fuori dagli schemi. Una storia cruda, piena di bugie e di tradimenti, raccontata con pochissimi dialoghi e una lentezza quasi esasperante, che per la prima volta esalta il loro cliché: sembra che non succeda nulla, ma succede di tutto. Consigliato!

martedì 7 agosto 2012

Michael Greenspan - Wrecked

Locandina Wrecked

Un film di Michael Greenspan. Con Adrien Brody, Caroline Dhavernas, Ryan Robbins, Adrian Holmes, Jacob BlairThriller, - USA, Canada 2011.
Un uomo (Adrien Brody) si riveglia ferito e sanguinante nella carcassa di un’automobile finita fuori strada e precipitata in una scarpata, l’uomo oltre a non serbare alcun ricordo di chi sia e di come sia giunto in quel luogo, a causa dell’urto si trova con le gambe incastrate nel cruscotto divelto, quindi è impossibilitato a muoversi e a cercare aiuto, intorno a lui una fitta zona boscosa e il nulla più assoluto. Riuscito a liberarsi con le poche forze rimastegli, il nostro sconosciuto scoprirà di essere ferito gravemente e di avere una frattura esposta, della sua identità pochi indizi, tra questi un portafogli ed un cadavere riverso sul sedile posteriore della vettura.
Coraggioso davvero il regista Michael Greenspan ad esordire su grande schermo con un thriller tanto minimalista che però riesce a sorprendere per arguzia visiva, ma soprattutto per un finalmente ritrovato Adrien Brody che ultimamente non ha avuto grande fortuna con il cinema di genere lavorando nel mediocre Giallo di Dario Argento e sfoderando un’opaca performance nel sequel Predators.
Brody sfoggia una gamma espressiva ed un registro drammatico davvero insuperabili e qui, anche grazie ad un ottimo lavoro di make-up, fornisce una delle sue migliori prove di sempre e di contro Greenspan sfrutta appieno un interprete di caratura puntando a sua volta ad una messinscena per quanto possibile realistica, cosa che non era accaduta in altre pellicole che recentemente hanno sfruttato elementi in comune con il thriller di Greenspan, vedi su tutti il sopravvalutato Buried-Sepolto che dopo i primi trenta minuti si perdeva in un vero delirio per culminare in un finale oltre i confini della realtà.
La performance di Brody in questo frangente ci ha ricordato a più riprese quella del Tom Hanks neo-Robinson Crusoe in Cast Away, in questo caso oltre ad un randagio, ad interagire con il protagonista ci saranno anche alcuni flashback e diversi parti della sua mente traumatizzata.
Wrecked pur non raggiungendo il livello di un piccolo gioiello di tensione come il Frozen di Adam Green e di certo non paragonabile all’intenso 127 Ore di Danny Boyle, di fronte ad evidenti ristrettezze di budget riesce a regalare più di qualche emozione, certo se cercate azione e dinamismo direi che è il caso di passare oltre, ma se non disdegnate i piccoli film con grandi attori Wrecked potrebbe fare al caso vostro.
Il voto di Pierolupo: 4/5
Boh, a me è piaciuto, sono rimasto incollato al video fino a capire tutto solo alla fine, e quando è così a me va bene, forse perchè a me questo Adrien Brody è sempre piaciuto un sacco. Se poi le critiche ufficiali ne parlano piuttosto male non me ne frega niente.



Cristiano Bortone - 10 Regole Per Fare Innamorare

Locandina 10 regole per fare innamorare

Un film di Cristiano Bortone. Con Guglielmo Scilla, Enrica Pintore, Giulio Berruti, Fatima Trotta, Pietro Masotti, Commedia, durata 96 min. - Italia 2012.
Marco è un ventenne che ha abbandonato gli studi di astrofisica per concentrarsi sulle sue passioni: scrivere e insegnare ai bambini. Un giorno, nell'asilo dove lavora incontra Stefania, bella studentessa di poesia francese, e si innamora perdutamente fino a cadere in depressione. A salvarlo dal baratro ci pensano i tre coinquilini più l'inaspettato arrivo del padre Renato, un chirurgo plastico esperto donnaiolo. Sarà lui in particolare a insegnargli che l'amore è una scienza e ha le sue leggi: un decalogo che impone strategie per avvicinarla, conoscerla e farla innamorare.
Più i grandi poeti e gli scrittori ci raccontano che l'amore è un sentimento inspiegabile, non illustrabile con formule algebriche e algoritmi eleganti, e più si presentano ciclicamente "manuali d'amore" che tentano di piegarlo con strategie aleatorie e tattiche discutibili. Le 10 regole proposte da Guglielmo Scilla, giovane fenomeno del web grazie a una serie di video demenziali autoprodotti, e riscritte per lui da Cristiano Bortone e Fausto Brizzi rientrano in questa serie. Come un innesto fra le casistiche di Giovanni Veronesi e i formulari dello stesso Brizzi, la storia (scritta assieme alla blogger Pulsatilla, che aveva collaborato a Maschi contro Femmine) diventa una "notte prima degli esami" dove la materia di studio sono le tecniche di seduzione. Un tipo d'esame dove, più che l'esito (naturalmente scontato come un "trenta politico"), sono la semplicità della prova e la performance dell'esaminato a non dare grandi risultati.
Messi in pratica tutti i teoremi della commedia romantica giovanile, le relative dimostrazioni non propongono né guizzi né estro, né palpiti sognatori né scatti comici, ma si presentano più come un compitino da concludere in fretta. Scilla, chiuso nel determinismo di una commedia romantica concepita con lo stesso ritmo e l'inventiva di un fotoromanzo per adolescenti, lascia che il film si costruisca attorno a lui senza immettere quel tono di follia e di umorismo surreale che contraddistingue il successo dei suoi video. Accanto a lui, accetta di farsi figura paterna e guida spirituale Vincenzo Salemme, chiamato a incarnare simpaticamente il simbolo di un giovanilismo tardivo che si mescola alla sindrome di mezza età. L'attore napoletano è l'unica variabile fuori dal controllo calcolato e dall'impostazione cartesiana della funzione, e messo a confronto coi giovani colleghi, dimostra quanto queste 10 regole riescano a parlare o a dire sui giovani.
In modo particolare, è l'incapacità a svecchiare o rinnovare le vecchie convenzioni, a metterle in dubbio con nuovi esperimenti e variazioni, quel che stride con la cultura del target dell'operazione. Alleggerire, semplificare, edulcorare fenomeni e sentimenti giovanili, più che una semplice strategia di seduzione, sembra una vecchia regola capace solo di aggirare o contenere uno spirito "virale", sfuggente e pervasivo.

Il voto di Pierolupo: 2/5
10 regole per farti addormentare o per farti incazzare. Dio che menata di film, che attori mediocri incapaci di recitare, che storia banale.
Sconsigliato al 100%.

mercoledì 9 maggio 2012

Alexander Payne – Paradiso Amaro

Locandina Paradiso amaro

Un film di Alexander Payne. Con George Clooney, Shailene Woodley, Beau Bridges, Robert Forster, Judy Greer, Matthew Lillard, Nick Krause, Amara Miller, Mary Birdsong, Rob Huebel, Patricia Hastie. Titolo originale The Descendants. Commedia, durata 110 min. - USA 2011.
Le Hawaii non sono esattamente il paradiso in terra che tutti crediamo: almeno non lo sono più per uno dei suoi abitanti, Matt King. Sua moglie Elizabeth ha appena avuto un incidente che l'ha gettata in coma, e non si riprenderà più. Non resta che staccare le macchine che la tengono ancora in vita. Da anni troppo concentrato sul suo lavoro, l'uomo si ritrova con due figlie che ormai non conosce più, la più grande delle quali, Alexandra, è sulla via della ribellione più spinta. Il dolore di Matt per la tragedia subita si trasforma in frustrazione quando scopre che sua moglie aveva una relazione extraconiugale, e stava per chiedere il divorzio. Il marito tradito e disperato si lancia allora alla ricerca dell'amante della sua sfortunata consorte…
Prima di Sideways consideravamo Alexander Payne un regista interessante ma tutto sommato sopravvalutato: Election e A proposito di Schmidt avevano svelato un cineasta dotato di notevole gusto acido per la commedia ma troppo propenso a dipingere personaggi sopra le righe e con i quali era difficile empatizzare. Poi è arrivato il capolavoro con protagonista Paul Giamatti, straordinario esempio di compostezza estetica e volontà di scavare in profondità dentro la psicologia e i sentimenti di uomini comuni. Adesso a sette anni di distanza viene presentato Paradiso amaro al Toronto Film Festival, opera che si pone come ulteriore e prezioso tassello nella filmografia di Payne in quanto capace di equilibrare le due facce del suo cinema che sopra abbiamo evidenziato.
Spesso l'ironia, il sarcasmo e le situazioni più assurde arrivano proprio nei momenti in cui l'animo umano è maggiormente esposto al dolore. Questo ci mostra con perizia e sensibilità il suo nuovo lungometraggio, costruito su persone assolutamente comuni che nella difficoltà perdono le loro certezze ma si sforzano di ritrovare un nuovo equilibrio, simile nella sostanza ma costruito su basi molto più solide di quello trovato in passato. George Clooney si dimostra, fin dalle primissime scene, perfetto nelle vesti comode ma sottilmente complicate di un uomo confuso come potrebbe essere chiunque in tali circostanze. Una prova d'attore tanto matura la sua quanto convincente proprio perché lavora in sottrazione, e non sfrutta l'appeal e il carisma ormai consolidati che la star di solito propone sul grande schermo. Accanto a lui appaiono in varie scene un gruppo di caratteristi di finissima bravura, tra i quali spiccano Robert Forster e la troppo sottovalutata Judy Greer. Merita poi una segnalazione la giovane Shailene Woodley, bravissima nella parte della primogenita scombinata che nel momento del bisogno ritrova se stessa e si dimostra spesso più matura di suo padre.
Alexander Payne costruisce Paradiso amaro secondo il suo stile di regia lineare, mai ostentato, che inquadra volti e ambienti lasciando che siano loro e i dialoghi di una sceneggiatura umanissima a creare la sostanza del film. Il risultato è una commedia molto toccante, vagamente stonata, abile nello scavare dentro figure che si differenziano pochissimo da noi. L'acquisita forza del cinema di Alexander Payne come Paradiso amaro conferma pienamente sta proprio in questo, nel rendere interessante e coinvolgente la vita interiore di personaggi con cui ci si può identificare nel loro essere ordinari, o meglio esseri umani.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Beh a me è piaciuto molto, molto bella la maturazione della figlia più grande nei confronti di un padre diciamo “distratto”. Bravo Clooney, che a me non piace mai tanto ma stavolta bravo davvero. Paradiso Amaro è un film molto elegante e toccante. Il maggior merito di questo film è di raccontare una storia reale, di malattia e morte, senza retorica.

martedì 1 maggio 2012

Woody Allen - To Rome With Love

Locandina To Rome With Love

Un film di Woody Allen. Con Woody Allen, Alec Baldwin, Roberto Benigni, Penelope Cruz, Judy Davis, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Ellen Page, Maricel Álvarez, Neri Marcorè, Lina Sastri, Fabio Armiliato, Monica Nappo, Alison Pill, Riccardo Scamarcio, Isabella Ferrari, Sergio Rubini, Massimo Ghini, Antonio Albanese, Alessandra Mastronardi, Ornella Muti, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi. Titolo originale Nero Fiddled. Drammatico, durata 111 min. - USA, Italia, Spagna 2012.
Jack e Sally sono una coppia di studenti americani a Roma, in attesa dell'amica di lei, Monica, un'attrice in erba con la fama della seduttrice seriale. John è un famoso architetto, di ritorno nella città eterna dopo trent'anni, che rivede in Jack se stesso da ragazzo e tenta inutilmente di metterlo in guardia rispetto a Monica. Anche Hayley è giovane e americana: innamoratasi di Michelangelo, figlio di un impresario di pompe funebri, convoca i propri genitori in Italia per far conoscere le famiglie. Insieme al padre regista d'opera in pensione e alla madre strizzacevelli, arriva a Roma anche una coppietta di Pordenone che finirà separata per un giorno da un turbine di equivoci. Ultimo è Leopoldo Pisanello, che diverrà per qualche tempo il primo, per la girandola della ribalta, il capriccio di una fama che è pura illusione e come viene se ne va.
Vorrebbe, forse, essere un film felliniano, To Rome with love , ma è soprattutto un film stanco. Allen finge di avere in mente Lo Sceicco Bianco o i quadri eterogenei, chiassosi e umilianti di “Roma”, ma in verità non fa che citarsi addosso, senza trovare idee nuove e persino senza approfondire le vecchie, senza investire in alcun modo nell'impresa, quasi fagocitato dalle sabbie mobili dei topoi narrativi più facili – il vigile urbano che apre e chiude il decamerone di storielle morali, le donne baffute in veste da casa, la star della tivù che lusinga la ragazzina di provincia -, proprio lui che è sempre fuggito da qualsiasi clichés non fosse di sua invenzione.
Si vorrebbe credere, allora, che guardi volontariamente ad un cinema del passato, come ha fatto altrove, come ad un rifugio nostalgico, ma è presto chiaro che così non è, al contrario: dal “fantasma” di Alec Baldwin alla nevrosi istrionica di Ellen Page, sono pezzi delle sue stesse opere che qui ritornano senza ossigeno vitale, come rovine di un'età ispirata ma antica (con tutto che questo episodio “americano” è forse il più riuscito, nel suo essere un classico del repertorio del regista, affidato ad un trio di giovani).
Certo il colpo d'occhio dello straniero sui costumi della capitale è da maestro di sintesi e cinismo, tutti gesticolano, spuntano i nani e le ballerine, realtà e finzione si confondono come nei Pagliacci - il cui allestimento ironico rappresenta l'unica trovata geniale del film - ma il resto è irrimediabilmente sciatto, abbozzato, per lo meno di seconda mano. Mai così povero, pur nell'abbondanza di personaggi e situazioni. Quando Benigni si cala i pantaloni, per dirla con Leoncavallo: “la commedia è finita”, il delitto è compiuto.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Questo certamente è uno dei lavori meno riusciti di Allen. Stupenda solo la Cruz, ma le trovate sono deboli, gli attori italiani penosi, Benigni senza verve probabilmente schiacciato dalla direzione del regista, lo stesso Allen in una parte in cui ci si aspetta la battuta che non arriva mai. Si rimpiange persino Midnight in Paris che già non era stato un granchè.

Neil Jordan - The Butcher Boy

Locandina Il ragazzo del macellaio

Un film di Neil Jordan. Con Stephen Rea, Fiona Shaw, Eamonn Owens, Alan Boyle, Andrew Fullerton, Aisling O'Sullivan, Sean McGinley, Peter Gowen, John Kavanagh, Rosaleen Linehan, Anita Reeves, Gina Moxley, Niall Buggy, Ian Hart, Anne O'Neill. Titolo originale The Butcher Boy. Drammatico, durata 106' min. - Irlanda, USA 1997.
Un bambino di dodici anni è il protagonista di questo sconvolgente e struggente film di Neil Jordan del 1997. Tratto da un romanzo di pochi anni addietro - "Il garzone del macellaio" di Patrick McCabe - il film è stato amato e odiato per via della sua crudezza. La storia è ambientata nel 1962, durante la Guerra Fredda e, più nello specifico, nel tumulto della crisi missilistica tra Cuba e USA. Francie Brady è il ragazzino protagonista interpretato dall'impagabile e suggestivo Eamonn Owens, allora bambino. Francie, devastato dall'età infantile dal comportamento dei suoi genitori irresponsabili, trova un lavoro e dopo la scuola - tutti i giorni - si reca dal macellaio per guadagnare pochi spiccioli. Il padre inizia a complicargli la vita fin da piccolo, ubriacandosi continuamente a causa del suo insuccesso nel campo musicale. La madre invece, ha sempre avuto problemi psichici e disturbi della personalità tanto da avere una tendenza suicida. Per di più, la condizione economica del paese irlandese in cui è ambientato il film - Carn - non è delle migliori e aggrava ancor di più la situazione della vita del giovane ragazzo. Alla morte della madre (per suicidio), il padre si rintana sempre più nel suo buio mondo in fondo a una bottiglia di Scotch, lasciando a Francie il compito di mantenere la famiglia. Purtroppo il ragazzo entra in un brutto giro malavitoso e viene portato prima in riformatorio e poi, a causa dei pregiudizi nei confronti della sua famiglia, in manicomio. Da lì in poi, comincia la sua avventura con il suo amico immaginario Joe. Con lui inizia a sterminare con la fantasia tutte le persone che gli hanno sempre dato fastidio o che l'hanno preso in giro. Incendi, bombe e omicidi programmati nella mente del ragazzo.
Ciò che rende speciale The Butcher boy è la creazione di un mondo totalmente alterato dalla realtà. Neil Jordan è stato capace di trasportarci nel mondo favolosamente brutale di un bambino triste che a soli 12 anni ha già subito gran parte delle bruttezze del mondo. Un'altra particolarità di questo film è la voce narrante costante nel film. Essa racconta nei minimi dettagli ciò che si sta guardando. Infine, il genere di The Butcher boy è difficile da decifrare. Talvolta si presenta a noi come un film comico, talvolta no, sprofondando in quella depressa disperazione di drammaticità a ritmo di una voce calda di sottofondo. Gli eventi scivolano via lasciando un emblematico peso sulle spalle del protagonista, un peso che sanerà solo e soltanto con la sua ingenua crudeltà: l'omicidio.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Bravissimo il ragazzino rosso completamente fuori di testa interprete del film, anche se complessivamente il film non mi ha convinto del tutto, molto bella la rappresentazione della gente.

Joel Schumacher – Trespass

Locandina Trespass

Un film di Joel Schumacher. Con Nicolas Cage, Cam Gigandet, Nicole Kidman, Jordana Spiro, Dash Mihok, Ben Mendelsohn, Liana Liberato, Gracie Whitton, Terry Milam. Titolo originale Trespass. Azione, durata 85 min. - USA 2011.

Una villa lussuosa, ultra moderna e super accessoriata. Una famiglia con qualche problemino: il padre sempre in viaggio per lavoro (vende diamanti ma tiene a precisare che fa tutto questo per moglie e figlia); una moglie annoiata ed inquieta; una figlia che manifesta i primi segni di ribellione e con molta voglia di crescere in fretta, complice un’amica che vorrebbe condurla sulla cattiva strada e per questo per nulla gradita ai genitori. Quattro criminali che hanno scelto di prendere in ostaggio proprio quella famiglia e proprio in quella casa per recuperare un bel gruzzolo di soldi. Con queste premesse è possibile oggi confezionare ancora qualcosa di originale ed appetibile? Evidentemente no. Pensavo che dopo l’indecente “Hostage” (scomodare di nuovo Wyler o Cimino mi sembra davvero offensivo) sul tema anche a Hollywood si fosse messa definitivamente una pietra sopra. Ed invece per fare lavorare due bolliti (Cage + Kidman) ed un fallito (Schumacher), ci si riduce a questo. Lo sconosciuto (rimarrà tale) sceneggiatore Karl Gajdusek tenta invano di ravvivare la logora e stracca materia con risibili dinamiche conflittuali tra i rapinatori, ambigue ma patetiche implicazioni tra uno di essi ed il personaggio della Kidman (spiegate da Schumacher con flashback scolastici e futili), grossolani colpi di scena volti a ribaltare la fiacchissima prospettiva di situazioni ben più che convenzionali (il rapporto tra i due fratelli criminali, Cage che, nonostante le apparenze, rivela di essere al verde e pieno di debiti, quasi una dichiarazione autoironica da parte dell’attore), ma il risultato è goffo, pigro, incredibilmente noioso ed approssimativo, oltre tutto appesantito da ripetute ed inaccettabili incongruenze logiche (una su tutte, subito all’inizio, giusto per mettere di buon umore: Cage è tenuto in ostaggio nella casa, la Kidman riesce a scappare dai criminali e parte con la Porsche, percorre a tutta velocità il vialetto della villa, ma poi viene fermata d’improvviso da uno dei banditi che minaccia con la pistola il povero Cage e chissà come è riuscito a precederla). Non mancano, come in “Hostage”, le consuete e trite staffilate contro i ricchi che possono avere tutto, mente i poveracci sono costretti a darsi alla criminalità e qualche battuta che vorrebbe essere cattiva (“La famiglia, non è una fregatura eh?”). Peccato che poi tutto si concluda proprio con la celebrazione retorica, ipocrita e tronfia di quella famiglia che si vorrebbe mettere alla berlina e che, superate estreme difficoltà, tradimenti e bugie, si ricongiunge più unita di prima. Inutile essere clementi con prodotti così dozzinali, scriteriati e beceri: un vero disastro. Il produttore Irwin Winkler negli anni settanta e ottanta produceva “Non si uccidono così anche i cavalli?”, “Fragole e sangue”, “I nuovi centurioni”, “Toro scatenato”, “New York New York”, “Rocky”: oggi, oltre a dirigere robetta sterile come “Home of the brave”, ci propina questa indigeribile accozzaglia di banalità e luoghi comuni. Così oggi va Hollywood. Cage con occhialini da intellettuale e vestito di tutto punto fa letteralmente pena e, se possibile, è peggio del solito, la Kidman è ormai inguardabile (tra l’altro riceve un due di picche dal mostruoso Cage, dopo avergli fatto gli occhi dolci, quindi rifiuta maldestramente le avances del figaccione Cam Gigandet che, secondo un immaginario erotico da poppante, uscito dalla piscina con fisico palestrato e muscoli ben in vista tenta di sedurla). Schumacher è in fase terminale: meglio staccargli la spina.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Il film si dipana in situazioni appena al di fuori dello scontato e questo non basta a renderlo interessante. Dimenticabile, mi dispiace per i due interpreti ma potevano davvero evitare questo film.

lunedì 23 aprile 2012

Mirca Viola - L’amore Fa Male

Locandina L'amore fa male

Un film di Mirca Viola. Con Stefania Rocca, Nicole Grimaudo, Paolo Briguglia, Diane Fleri, Claudio Bigagli, Stefano Dionisi, Giovanni Corrado, Gianmarco Pozzesco, Tobias Helmreich, Andre Watson, Nicholas Gallo, Federica Candelise, David Coco, Anna Luisa Capasa. Drammatico, durata 100 min. - Italia 2011.

Germana ha quarant’anni, una figlia e il sogno mai infranto di essere attrice. Amante annoiata e mantenuta di un avvocato ricco e coniugato, incontra Gianmarco in una corsia d’ospedale e se ne innamora perdutamente. Corrisposta con altrettanta passione da Gianmarco, ignora che l’uomo sia padre e marito e amico di vecchia data di Elisabetta, una rigida vicina di casa abbandonata dal marito e decisa a rifarsi una vita. Dentro un’estate siciliana e davanti a una tavola imbandita si incroceranno e risolveranno i loro destini.
Opera prima di Mirca Viola, L’amore fa male è una commedia sentimentale con implicazioni omosessuali e complicazioni (extra)coniugali. Indeciso fino alla fine se farsi dramma o mantenersi ottimista, il film punta il cuore come Cupido e prova ad osservarne i movimenti in quasi due ore di incontri incrociati e di vite a una svolta. In un vicolo cieco. Lo stesso infilato da un esordio debole, dove la costruzione narrativa è indiscutibilmente televisiva. Non tanto perché ogni scena ricaverà scolasticamente senso da almeno un’altra che la richiama e non soltanto perché ogni pezzo narrativo finirà prevedibilmente al suo posto, ma soprattutto per quel vizio tutto italiano di riassorbire la tragedia al cinema, di perdonare i suoi mediocri personaggi, incalliti traditori affannati a riparare il peccato con la confessione e a ricominciare da capo in seno alla famiglia. La sacra famiglia a cui importa poco capire ma tanto perdonare. Eppure Mirca Viola tenta l’intentato nel prodotto medio nazionale: mettere in scena uomini e donne senza qualità, individui della media e piccola borghesia che sembrano soccombere alla loro stessa mediocrità e al loro squallore morale, prima che materiale, dentro interni domestici, ménage stanchi, psicodrammi familiari, incomprensioni, rancori affogati nel sesso e nel letto di un amante occasionale o di uno abituale, sfruttato per denaro e trattenuto per noia. Ma l’idea non trova il linguaggio. A mancare troppo presto è il coraggio di spingere sul pedale della corruzione emotiva, decidendo più comodamente e senza rischi per l’illuminazione spirituale, le rassicuranti alchimie e la dittatura linguistica della forma-commedia. Il mal d’amore diventa così un corpo estraneo da sopprimere perché intollerabile e smisurato per il controllato cinema italiano. Che ancora una volta lascia che il soggetto (melo)drammatico scivoli sui territori più innocui del patetismo e del sentimentale.

Il voto di Pierolupo: 2/5
Ma si può fare un film più mal recitato? Poverissimo nei contenuti, lento e banale. Anche la Rocca che in genere recita non male qui fa la figura della deficiente. Non perdete tempo, sconsigliato vivamente.

venerdì 20 aprile 2012

George Clooney – Le Idi Di Marzo

Locandina Le Idi di marzo

Un film di George Clooney. Con Ryan Gosling, George Clooney, Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti, Marisa Tomei,
Evan Rachel Wood, Max Minghella, Jeffrey Wright. Titolo originale The Ides of March. Drammatico, durata 101 min. - USA 2011.

Stephen Meyers è il giovane guru della comunicazione nella campagna per le primarie presidenziali del Partito Democratico negli Stati Uniti di un molto prossimo futuro. Il candidato che sostiene, sotto la supervisione del più anziano Paul Zara, è il governatore Mike Morris. Morris parte svantaggiato ma ha dalla sua l’appeal di un richiamo ai più profondi valori della Costituzione americana visti sotto una luce contemporanea e accattivante. Stephen avrà modo di scoprire progressivamente che Morris, che pensava fosse sufficientemente coerente con gli ideali professati, ha un lato oscuro.
Viviamo davvero in tempi poco raccomandabili se anche George Clooney, progressista doc, lancia l’allarme nei confronti dei meccanismi di una democrazia che procedono grazie all’olio della corruzione e del ricatto. È un romanzo di formazione quello che ci viene proposto sotto le spoglie del thriller politico (dei cui sviluppi è bene sapere il meno possibile prima della visione) e quella formazione coincide con il degrado. Il fatto che Clooney, ispirandosi a un testo teatrale di Beau Willimon, si muova all’interno del campo democratico mostra come sia animato dal desiderio della messa in guardia. Non è una novità per il cinema americano scoperchiare le malefatte del potere, ovunque esso eserciti il suo perverso fascino. Che però questo avvenga in piena era Obama deve preoccuparci ancor più direttamente. Clooney non è diventato un qualunquista di basso livello pronto ad affermare “i politici sono tutti uguali”. Si muove su un piano più elevato e perciò molto più significativo. Attraverso il mutamento (anche di espressioni) dell’efficace Ryan Gosling sembra volerci ricordare come la democrazia stia sempre più trasformandosi in una parola che si è svuotata del significato originario per includere invece opportunismi e compromessi da cui nessuno è esente. I rapporti tra esseri umani finiscono con il dissolversi facendo sì che le parole stesse perdano totalmente il loro valore.
Clooney non risparmia neanche il mondo dei media, grazie al personaggio affidato a una Marisa Tomei in grado di mostrare come il ruolo della giornalista che si occupa di politica sia al contempo quello di cacciatore e preda. I pugnali delle Idi di marzo possono anche uccidere ma, soprattutto, sono in grado di infliggere ferite che sembrano apparentemente rimarginarsi mentre in realtà danno inizio a un processo di putrefazione delle coscienze che rischia di coinvolgerci tutti.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Splendido film, Gosling eccezionale con la sua solita faccia di gomma, bravissimo anche Hoffman. Un duro apologo su potere, ambizione e lealtà a conferma di un dato del quale, in Italia, siamo ormai già ben consapevoli, e cioè che la politica è un trojaio in cui il più sano esponente ha già contratto la rogna.

giovedì 19 aprile 2012

Mr. Gnome – Madness In Miniature

Madness In Miniature

Meno si è meglio si sta, c'è del valore vero nel selezionare le persone di cui ci si circonda perchè la qualità è sempre vincente rispetto alla quantità. Non è quindi un caso se molte delle proposte musicali più interessanti e originali degli ultimi anni (White Stripes e Middle Class Rut tanto per citarne due) siano frutto del lavoro di band minimali, composte di soli 2 elementi. Nicole Barille, cantante e chitarrista e Sam Meister, batterista e tastierista, sono i mr. Gnome, un duo americano che scorrazza con ispirata libertà nell'universo indie, tra folk e pop, hard rock, punk e post-rock e quant'altro vi venga in mente. La totale noncuranza delle regole non scritte della musica, la verve creativa, l'indifferenza rispetto a qualsiasi barriera è un elemento che rende Madness in Miniature, il terzo album dei mr Gnome, un lavoro straordinario, ricchissimo di idee e stimoli.
Bisogna anche dire che i mr Gnome non sono buoni per tutti, serve un buon allenamento all'ascolto per apprezzare la qualità del loro fare musica (questo è solo un avviso per i lettori più distratti....che peraltro dubito leggano una recensione dei mr Gnome). Ma se amate il rock e la versatilità intelligente, non fine a sè stessa, scoprirete un gruppo eccellente: annoiarsi con Madness in Miniature è impossibile e la voce di Nicole Barille una continua scoperta per la notevole varietà espressiva. Consigliatissimo! (MantaRay)

Tracklist
01 – Ate the Sun
02 – Awake
03 – House of Circles
04 – Run For Cover
05 – Bit of Tongue
06 – Fly Me Over
07 – We Sing Electric
08 – Winter
09 – Wolf Girls
10 – Outsiders
11 – Watch the City Sail Away
12 – Capsize

http://www.myspace.com/mrgnome

lunedì 16 aprile 2012

David Nicholls – Un Giorno (2010)

Un giorno

È l'ultimo giorno di università, e per due ragazzi sta finendo un'epoca. Emma e Dexter sono a letto insieme, nudi. Lui è alto, scuro di carnagione, bello, ricco. Lei ha i capelli rossi, fa di tutto per vestirsi male, adora le questioni di principio e i grandi ideali. Si sono appena laureati, l'indomani lasceranno l'università. È il 15 luglio 1988, e per la prima volta Emma e Dexter si amano e si dicono addio. Lui è destinato a una vita di viaggi, divertimenti, ricchezza, sempre consapevole dei suoi privilegi, delle sue possibilità economiche e sociali. Ad attendere Emma è invece un ristorante messicano nei quartieri nord di Londra, nachos e birra, una costante insicurezza fatta di pochi soldi e sogni irraggiungibili. Ma per loro il 15 luglio rimarrà sempre una data speciale. Ovunque si trovino, in qualunque cosa siano occupati, la scintilla di quella notte d'estate tornerà a brillare. Dove sarà Dexter, cosa starà combinando Emma? Per venti anni si terranno in contatto, e per un giorno saranno ancora assieme. Perché quando Emma e Dexter sono di nuovo vicini, quando chiacchierano e si corteggiano, raccontandosi i loro amori, i successi e i fallimenti, solo allora scoprono di sentirsi bene, di sentirsi migliori. Comico, intelligente, malinconico, Un giorno cattura l'energia sentimentale delle grandi passioni: i cuori spezzati, l'intricato corso dell'amore e dell'amicizia, il coraggio, le attese e le delusioni di chiunque abbia desiderato una persona che non può avere.

Lui è Dexter Mayhew, bello, ricco e irriverente. È il prototipo di una nuova razza di homo britannicus: metropolitano, per nulla imbarazzato dalla propria mascolinità, dalla libidine, dalla predilezione per le macchine sportive, i grossi orologi in titanio e i braccialetti da truzzo. Se non avesse il sorriso più luminoso e sfrontato del mondo sarebbe un insopportabile uomo di successo. Ma Dex è molte altre cose, prima di essere un presentatore televisivo di programmi giovanilistici con un finto accento cockney, Dex è un romantico, adorabile, imbecille.
Emma Morley sa di non essere una bellezza, malgrado l’opinione di molti suoi amici. Ha lasciato il suo paesino in periferia per studiare a Edimburgo, dove ha preso una laurea in Lettere e drammaturgia e un dottorato in pedagogia con il massimo dei voti. Ha una mente brillante e una raffica di risposte sagaci buone per ogni occasione, ma questo non le impedisce di rovinarsi l’umore lavorando in un ristorante messicano sei giorni su sette e dividendo l’appartamento, un bugigattolo senza finestre, con la famigerata Tilly Killick, usa a lasciare i suoi enormi reggiseni a mollo nel lavandino della cucina.
Dex pensa che in fondo Emma lo faccia apposta a vivere male, perché la malinconia aiuta la sua creatività e le fa comporre poesie, sonetti, pièce teatrali, romanzi gialli e d’appendice, sceneggiature televisive, sempre più pregnanti e intelligenti. In realtà Emma è solo parzialmente “sfigata”, nei momenti di buona si sente invece come la protagonista di un romanzo di Muriel Spark: indipendente, sveglia, intellettuale, intimamente romantica.
Il loro amore inizia e finisce in un giorno, il 15 luglio 1988, su un letto a una piazza di Edimburgo, dove passano tutto il giorno dopo la laurea a parlare e coccolarsi. Lei, guardando la pelle di lui abbranzata e lucida in controluce, ha pensato subito a un aggettivo: “fascinoso”; lui, quando lei si è alzata per andare in bagno ha pensato che tutto, nella sua stanza, ostenta un punto di vista imprescindibile, come un manifesto. Aveva conosciuto moltissime ragazze come lei, belle e individualiste, ma nessuna di loro gli aveva mai dato l’impressione di esserne seccata, e soprattutto nessuna di loro aveva mai osato sbattergli in faccia la pura verità. Quello, aveva pensato Dexter alla fine, era un amore troppo difficile per due ragazzi di vent’anni, così lo aveva lasciato sfumare tra chiacchiere e vino. Poi era arrivato il lavoro a Londra di Emma e i viaggi intorno al mondo di Dexter; i successi e le delusioni; improbabili ragazze presentate a genitori borghesi e uomini impacciati conosciuti in posti surreali, le prime pastiglie di ecstasy e i litri di vodka all’arancia. Lui era finito a lavorare in tv, lei aveva avuto un posto da insegnante. A parte quel giorno ormai lontano, potevano considerarsi amici.
Il 15 luglio di ogni anno il giorno di St. Swithin (una ricorrenza che in Gran Bretagna è legata a un proverbio sul tempo) le vite di Dex ed Em in qualche modo si incrociano. Può capitare di vedersi per cena e raccontarsi le miserie e le conquiste dell'anno passato, oppure di ritrovarsi su un traghetto che punta a un’isola del Mar Egeo. Possono litigare, rincorrersi, lasciare un messaggio a una stupida segreteria telefonica, fino a diventare adulti. Ogni volta, per un istante, si spingono a pensare: “potrebbe essere la persona giusta”, ma poi ricacciano il pensiero in fondo al cuore, perché Dex ed Em sono troppo innamorati per deludersi.
Usando l’espediente del racconto di un singolo giorno dell’anno, David Nicholls scrive un romanzo che ha tutti gli ingredienti della commedia brillante alla Nick Hornby e sceglie due grandi protagonisti decadenti, terribilmente reali, di cui si inizia a sentire la mancanza appena girata l’ultima, commovente, pagina.

Lone Scherfig – One Day

Locandina One Day

Un film di Lone Scherfig. Con Anne Hathaway, Jim Sturgess, Patricia Clarkson, Ken Stott, Rafe Spalll, Amanda Fairbank-Hynes, Jamie Sives, Matthew Beard, Natalie Hallam, Filippo Delaunay, Thomas Arnold, Gino Picciano, Seelan Gunaseelan, Catherine Laine, Tom Mison, Josephine de la Baume, Heida Reed, Romola Garai, Georgia King, Jodie Whittaker. Commedia rosa, Ratings: Kids+13, durata 107 min. - USA 2011.

Edimburgo. Emma e Dexter si laureano il 15 luglio 1988 e trascorrono la notte nello stesso letto. Da allora seguiremo la loro vita fino al 2006 fotografandone l'evoluzione sempre lo stesso giorno di ogni anno. Emma è un'idealista entusiasta ma al contempo riflessiva, capace di lavorare come cameriera in un ristorante messicano se questo diventa necessario. Dexter è ricco di famiglia, seducente e con la voglia di sfondare nel mondo della comunicazione. Riuscirà a condurre un programma televisivo anche se questo non servirà a placare le tensioni che ha dentro. I due continueranno a cercarsi, anno dopo anno, sia che si trovino nello stesso luogo sia che siano lontani l'uno dall'altra.
L'annosa questione (destinata a non risolversi) del rapporto cinema/letteratura si complica ulteriormente quando lo sceneggiatore è l'autore del romanzo a cui il film si rifà. Perché David Nicholls, che ha scritto il fortunato best seller pubblicato nel 2009, è anche colui che ha steso lo script di questo film diretto da Lone Scherfig la quale, anche quando aveva come suo punto di riferimento il Dogma di Von Trier (Italiano per principianti), sapeva come mostrare la propria originalità. In questa occasione il rapporto diretto con l'autore/sceneggiatore avrebbe potuto frenarla. Anche perché, e qui torniamo al tema di cui sopra, il pubblico a cui riferirsi era chiaramente (sin dall'inizio del progetto) da dividere in due blocchi. Chi ha letto ed apprezzato il libro non può fare a meno di notare che le prime 90 pagine vengono condensate in 16 minuti di film con inevitabili decurtamenti di senso e di atmosfere. Chi invece non lo conosce o lo ha ancora intonso sullo scaffale della libreria di casa potrà finalmente apprezzare una commedia romantico/drammatica credibile e non piegata forzatamente agli stereotipi imposti da Hollywood. Hathaway e Sturgess sono credibili nei loro andirivieni nei labirinti di un sentimento che vorrebbe essere di amicizia e di amore al contempo. Amicizia per poter continuare a vivere anche se lontani. Amore per il desiderio/bisogno di una contiguità, di una vicinanza pur nella profonda diversità di scelte e di stili di vita.
La scelta di percorrere le loro vicende non è in nulla debitrice al Bernard Slade di "Tra un anno alla stessa ora" (là i protagonisti si rivedevano all'appuntamento prefissato, qui siamo noi a coglierli mentre esercitano il mestiere di vivere ovunque e con chiunque si trovino). Semmai è a Dickens che bisogna rifarsi come Nicholls nel libro quando cita questo passo da "Grandi speranze": "Per me fu un giorno memorabile, perché mi cambiò molto: Ma in ogni vita succede lo stesso. Immaginiamo un giorno a scelta isolato dal contesto e pensiamo a come sarebbe stato differente il corso della vita. Fermati, lettore, e rifletti a lungo sulla lunga catena di vil metallo o oro, spine o fiori, che non ti avrebbe mai legato, se non fosse stato per la formazione di quel primo anello in quel giorno memorabile." Anche perché è bene sapere che il 15 luglio nel mondo anglosassone si festeggia San Swithin e la tradizione popolare vuole che le condizioni del tempo di quella particolare giornata si protrarranno per quaranta giorni a venire. Quanti di noi vorrebbero (o avrebbero voluto) che accadesse lo stesso nella loro vita sentimentale? Che è invece quanto di più imprevedibile ci possa accadere. Questo film sa come ricordarcelo.

Il voto di Pierolupo: 4/5
Che bello questo film… e che delusione quella fine inaspettata… Mi ha totalmente spiazzato, sono rimasto a bocca aperta. E la Hathaway è davvero brava e carina.

giovedì 12 aprile 2012

Mr. Gnome - Heave Yer Skeleton

Heave Your Skeleton

E' certamente valsa la pena, per questo duo di Cleveland, di rispondere con prontezza all'invito di Josh Homme di registrare il proprio second album nei suoi Pink Duck Studios, a Los Angeles. Col senno di poi, pare che sia capitata loro un'insperata fortuna: come se a vincere la lotteria fosse, per un bizzarro scherzo del Fato, un aborigeno papuano. Infatti di questa opportunità non sanno fare di meglio che usarla per gonfiare di anabolizzanti il proprio sound (al tempo stesso ripulito per benino come l'argenteria a Natale), che, si immagina, vorrebbe essere di oscure suggestioni stregonesche.
Infatti i Mr. Gnome paiono tentare una rivisitazione muscolare, sconfinante nello psych-rock e nel prog-metal, del trip-hop, avvolgendolo attorno a estemporanei incubi adolescenziali da Halloween di provincia, coniglietti zombie e spose cadavere. L'esecuzione e l'assoluta pochezza compositiva dei Nostri, che applicano all'incirca lo stesso sviluppo a tutti i pezzi di "Heave Your Skeleton", trasporta in un incubo sì, ma per i propri organi uditivi, tra sospensioni annacquate e schitarrate malefiche.
In questo marasma confuso e rozzo, il lavoro del batterista Sam Meister è encomiabile per come cerca di aggiungere profondità agli sgraziati accordi della compagna d'avventure Nicole Barille, che si produce ora in sussurri à-la Gibbons ora in urlacci convulsi ma insipidi, almeno quanto gli "Oh!" di complemento ("Cleveland Polka").
Cosa abbia spinto Josh Homme a mandare al massacro la giovane coppia dei Mr. Gnome rimane insomma un mistero. Poco, davvero poco si intravede sotto la cortina di rabbia liceale e artigianato sciatto che paiono costituire le uniche ragion d'essere di "Heave Yer Skeleton": lavoro adatto più a un party a tema per ragazzi che a una collezione musicale. (Ondarock)

Tracklist
1. Spain
2. Hills, Valleys and Valium
3. Slow Side
4. Plastic Shadow
5. Sit Up & Hum
6. Titor
7. Vampires
8. Cleveland Polka
9. Pixie Dust
10. Today Brings a Bomb
11. Searider
12. Heave Yer Skeleton

http://www.myspace.com/mrgnome

Massimo Venier – Il Giorno In Più

Locandina Il giorno in più

Un film di Massimo Venier. Con Fabio Volo, Isabella Ragonese, Camilla Filippi, Roberto Citran, Pietro Ragusa, Luciana Littizzetto, Lino Toffolo, Stefania Sandrelli, Jack Perry, Valeria Bilello, Stella Pecollo, Paolo Bessegato, Roberta Rovelli, Anna Stante, Irene Ferri, Micaela Murero, Daniela Dimuro, Nick Nicolosi, Franco Ghibaudi, Hassani Shapi. Commedia, - Italia 2011.

Giacomo Pasetti ha quarant'anni, molte donne e poca voglia di impegnarsi. Single a Milano è lasciato malamente dalla fidanzata di turno che sognava un amore maturo e le chiavi di casa. Abile osservatore del prossimo ha sempre la battuta pronta e una donna di riserva per scaldarsi le notti. Intorno a lui, madre, amici e colleghi provano a responsabilizzarlo, descrivendogli le gioie del matrimonio e della paternità. Ma niente sembra davvero emozionarlo tranne forse quella ragazza sconosciuta che ogni mattina incontra in tram e da cui proprio non gli riesce di staccare gli occhi. Turbato dalla sua grazia racconta a tutti di essersi finalmente innamorato e legato a una giovane donna di nome Agnese, quietando per qualche tempo il desiderio di chi lo voleva accasato. Una mattina però l'ideale Agnese lo inviterà a scendere dal tram per un caffè rivelandogli di chiamarsi Michela e di essere in partenza per New York. Dopo una cena e un primo lungo bacio, Giacomo la raggiungerà a sorpresa negli States per convincerla e convincersi che forse davvero l'amore 'è una cosa meravigliosa'.
Non è la prima volta che Fabio Volo presta volto e ‘anima' a un protagonista rampante, infedele e persuaso di avere il mondo in mano almeno fino a quando non scopre di essere malato (Uno su due), non viene scoperto con un'amante (Bianco e nero), non si scopre innamorato. Nella Milano di Massimo Venier, dove il regista ha diretto la leggerezza ironica di Aldo, Giovanni e Giacomo, il personaggio di Fabio Volo è di nuovo un uomo solo, chiuso in un egoismo prodotto dall'autoaffermazione e da un'eccessiva vocazione alla menzogna. Giacomo Pasetti mente, non dice la verità o la dice solo in parte. Non necessariamente per malafede ma perché non ha idee chiare sui suoi programmi esistenziali e sul modo più giusto di affrontare la vita. Venditore (di fumo) nato, pratica la ‘comunicazione efficace', indovina quello che gli altri vogliono tacere e raggiunge immancabilmente l'obiettivo, sorvolando la vita di chi lo ama, passando oltre il prossimo e trascurando chi è condannato (Silvia) o perdente (Dante).
A farlo ‘deragliare' dai binari della pochezza, convertendolo all'amore, proprio come in un romanzo rosa, sarà la scettica Michela di Isabella Ragonese, che ha letto i ‘classici' e non crede nel lieto fine, almeno da questa parte dell'oceano. Perché in America il film di Venier perde il pessimismo e guadagna in euforia e cliché, ‘parafrasando' le convenzioni della commedia americana, dove il lenzuolo arriva all'altezza delle spalle e uno dei due amanti si imbarca verso una meta troppo lontana, dove avviene sempre un litigio e un'incomprensione di troppo fa girare i tacchi a lei e lascia in silenzio lui, dove ancora una folata di vento trova sempre un messaggero romantico, una riconciliazione e un happy end.
Trasposizione del romanzo omonimo di Fabio Volo, che nel 2007 raggiunse a colpi di aforismi il milione di copie vendute, Il giorno in più piacerà a chi piace ‘ritrovarsi' e identificarsi. Magari proprio con quel personaggio convinto e sicuro di sé che ha solo desideri e mai progetti. Un uomo che ha (ancora) paura di crescere e schiva gli impegni che limitano il suo sfrenato solipsismo, che ha Stefania Sandrelli come mamma, Hassani Shapi come consigliere, Luciana Littizzetto come collega, che è un inguaribile narciso e scopre un attimo prima dei titoli di coda che è la normalità la vera rivoluzione. Se Venier taglia e ‘affina' il qualunquismo letterario di Volo, legando in maniera efficace l'intreccio sviluppato tra Milano e New York, Il giorno in più resta una commedia conformista che non scontenterà nessuno, secondo un ecumenismo elementare che scioglie tutti i nodi e mette a posto tutte le tessere del puzzle.
Un film chiuso in se stesso e nel ‘Fabio Volo mondo' come in una sorta di autarchia linguistica e tematica che non lascia filtrare tracce di mondi altri. Un film assolutorio che celebra la ‘leggibilità’ come qualità e infila un dialogo increscioso intorno agli ebrei, ai nazisti e al gas venefico.

Il voto di Pierolupo: 3/5
Le pecche di questo film sono il regista e gli attori, Volo e la Ragonese, che non vanno da nessuna parte e non riescono a dare la minima emozione. Un film abbastanza improbabile, con tante scene improbabili, storia di un uomo bugiardo e mascalzone. Per la cronaca non mi sono addormentato, ma...

mercoledì 11 aprile 2012

Manu Chao – …Proxima Estacion… Experanza

Proxima Estacion: Esperanza

Ancora suoni e parole dal mondo, a cura di uno che se ne intende. L'ex cantante dei Mano Negra, nel suo continuo peregrinare tra Sudamerica, Europa e Nordafrica, ci indica una di quelle stazioni dove vale la pena scendere, sempre. Divenuto ormai quasi un leader politico in molte realtà Centro e Sud Americane, rischiando svariate volte l'arresto per i suoi concerti improvvisati fra la folla, Manu ci ripropone la sua miscela fatta di reggae/ska filtrata da una leggerezza e da una non troppo latente malinconia prettamente latina. Il risultato non si discosta molto dal precedente e fortunatissimo "Clandestino", presentando un sound unitario e fresco, dove le tracce sono continuamente legate tra loro da un bridge sonoro, dando spesso l'impressione (errata) di scaturire da una stessa, unica idea. Certo, "Esperanza" potrebbe essere tacciato di ricalcare vecchi schemi, ma io credo che il percorso artistico di Manu debba essere messo sullo stesso piano del suo impegno sociale, della sua vita spesa veramente "on the road" che ha formato e forma quotidianamente la sensibilità di questo piccolo Che Guevara della musica. Manu Chao è questo, prendere o lasciare. Per quanto ci riguarda, optiamo per il primo verbo. Così ci lasciamo trasportare dal tormentone del primo singolo "Me gustas tu" (Manu prova ad elencarci tutto ciò che gli piace, la canzone è una delle più lunghe del disco…) e dal sequel di "Bongo bong", la dichiarazione d'amore verso Bob Marley, "Mr Bobby" appunto. Proprio "Bongo bong" ci viene servita con un altro titolo, "Homens", diventando una sorta di rap portoghese/portunol. Decisamente irresistibili sono "Promiscuity" (uno ska che è una vera comica, velocissimo e scombinato), "Papito" (una stramba filastrocca sottolineata da fiati di una banda sicuramente ubriaca o "in viaggio") e "La vacaloca" (il titolo parla già da solo).
Coadiuvato da una nuova band chiamata Radio Bemba, una specie di ensemble aperto dove i musicisti vanno e vengono, Manu Chao ci fa ballare e divertire con la sua innata leggerezza e ci fa pensare attraverso le sue piccole grandi denunce. Soprattutto ci fa riflettere la sua personalità, il suo modo di interagire con "l'altro", la capacità di trascinare con coscienza. Un grande artista, una bellissima persona. (Kalporz)

Tracklist
1 - Merry blues
2 - Bixo
3 - Eldorado 1997
4 - Promiscuity
5 - La primavera
6 - Me gustas tu
7 - Denia
8 - Mi vida
9 - Trapped by love
10 - Le rendez vous
11 - Mr Bobby
12 - Papito
13 - La chinita
14 - La marea
15 - Homens
16 - La vacaloca
17 - Infinita tristeza

http://www.myspace.com/manuchao

Manu Chao – Clandestino

Album d'esordio per l'ex cantante dei Mano Negra; un'uscita che in un primo momento sembra passare inosservata e che invece un silenzioso tam tam trasforma giorno dopo giorno in un fenomeno da classifiche internazionali. Forse anche la voglia del grande pubblico di musica latina ha contribuito a questa ascesa, premiando sia l'aspetto commerciale incarnato dai vari spaventosi Ricky Martin e Iglesias jr., sia il lato qualitativo impersonato dallo stesso Manu, da Jarabe De Palo (altro ripescato attraverso una sua canzone vecchia di qualche anno, "La flaca"), dagli stessi Buena Vista Social Club, gli incredibili super abuelos cubani.
In verità, "Clandestino" è un lavoro che va molto al di là dei ristretti limiti dei generi; certamente il mood complessivo riflette una latinità esplosiva, però internazionalizzata attraverso interpretazioni in diverse lingue (spagnolo, naturalmente, ma anche francese, portoghese ed un esilarante inglese in "Bongo bong", hit dell'album insieme alla title track). Credo che il grande merito di Manu Chao sia quello di aver capito quanto il mondo sia un grande melting pot, pieno di contaminazioni e di sangue bastardo; i linguaggi da lui usati sono il presente ed il futuro del pianeta (purtroppo non è presente l'italiano…) dove ognuno di noi si dovrà confrontare con le più svariate diversità, imparando la fatale parolina: tolleranza. E' ottimo presagio il fatto che il grande pubblico abbia premiato questo figlio di spagnoli, cresciuto a Parigi, individuando nel suo affascinante crossover la determinazione di agire su tante coscienze un po’ precarie. (Kalporz)

Tracklist
1. Clandestino
2. Desaparecido
3. Bongo bong
4. Je ne t'aime plus
5. Mentira…
6. Lagrimas de oro
7. Mama call
8. Luna y sol
9. Por el suelo
10. Welcome to Tijuana
11. Dia luna…dia pena
12. Malegria
13. La vie a 2
14. Minha galera
15. La despedida
16. El viento

http://www.myspace.com/manuchao

e la serie continuerebbe, c’è un pezzo che non sia la fine del mondo in questo disco?

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